- Dicembre 15, 2017
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Libri – Avvistamenti, “Redarguire o rimproverare?”: la semplicità non è semplicismo
Per chiunque lavori nella P.A. c’è ormai da molto tempo (almeno dalla riforma Cas...Per chiunque lavori nella P.A. c’è ormai da molto tempo (almeno dalla riforma Cassese del 1993) l’obbligo di esprimersi in un italiano chiaro, comprensibile, comunicativo. D’altra parte nella tradizione letteraria ritroviamo una vocazione alla semplicità, pensiamo solo alla prosa di Machiavelli e di Galileo. Quest’ultimo scrive così: “Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro, pochissimi”. Il linguista Massimo Arcangeli parte da questo per suggerire una sua riflessione preziosa – in Le magnifiche 100. Dizonario delle parole immateriali (Bollati Boringhieri) – e invitandoci a distinguere tra semplicità e semplicismo. In particolare Arcangeli prende le distanze da Beppe Severgnini, che ha stigmatizzato l’italiano parallelo, la lingua astrusa che molti usano, magari per distinguersi: “recarsi” per “andare”, “redarguire” per rimproverare”, la macchina “autoveicolo”, “incedere” per venire avanti”, “prendere commiato” per andarsene… Il punto non è tanto estirpare queste parole (che a volte ci fanno evadere al piccolo recinto dell’italiano basico, da un lessico di 200 o 300 parole) quanto evitare “la sclerotizzata astrusità di termini, formule, espressioni”. E insomma: una cosa è definire “impianto termico” una qualunque fonte di calore (definizione appropriata) e un’altra cosa definire “impianto natatorio” una “piscina”, o peggio “auto pubbliche a trazione ippica” delle “carrozzelle”. Così l’autorevole linguista propone la “semplessità”, come strada intermedia tra il semplice e il complesso, sapendo che la semplicità – indispensabile – è il risultato di un percorso, un punto di arrivo e non di partenza.