• Settembre 9, 2021
di Redazione Anci

Servizi pubblici locali

Consiglio di Stato su obbligo motivazionale rafforzato con elementi per affidamento diretto

Secondo i giudici amministrativi di secondo grado, ciò si ricava dal combinato disposto dell'art. 192, c. 2, d.lgs. n. 50/2016 e dall'art. 34, c.20, d.l. n. 179/2012 che pur consentendo l’affidamento diretto in house, del servizio impongono un onere motivazionale rafforzato, che consenta un "penetrante controllo della scelta effettuata … anzitutto sul piano dell'efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche".
Consiglio di Stato su obbligo motivazionale rafforzato con elementi per affidamento diretto

Pubblichiamo la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 15/7/2021 n. 535 relativa all’’obbligo per l’amministrazione aggiudicatrice – in caso di all’affidamento diretto – di fornire un onere motivazionale rafforzato rappresentando sia gli elementi della convenienza economica sia i benefici per la collettività di tale scelta.
Secondo i giudici amministrativi di secondo grado, ciò si ricava dal combinato disposto dell’art. 192, c. 2, d.lgs. n. 50/2016 e dall’art. 34, c.20, d.l. n. 179/2012 che pur consentendo l’affidamento diretto in house, del servizio impongono un onere motivazionale rafforzato, che consenta un “penetrante controllo della scelta effettuata … anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche”.
Il caso di specie riguarda l’affidamento diretto in house del servizio di igiene urbana da parte di un Comune ad una sua società. Il Consiglio di Stato, il punto 8 della sentenza rappresenta che nell’attuale quadro normativo è imposto all’amministrazione aggiudicatrice che intenda ricorre all’affidamento diretto, un onere motivazionale rafforzato, che consenta un “penetrante controllo della scelta effettuata … anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche” (Cons. Stato, comm. spec., parere 1° aprile 2016, n. 464), come si ricava dal combinato disposto dell’art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 e dall’art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, in particolare consistente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2020, n. 8028; sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257):

a) nell’esporre le ragioni di preferenza per l’affidamento in house rispetto al ricorso all’evidenza pubblica in punto di convenienza economica, di efficienza e qualità del servizio, così dando “dimostrazione della ragionevolezza economica della scelta compiuta” ed esplicitando le ragioni dell’esclusione del ricorso al mercato;

b) nell’esplicitare i benefici per la collettività derivanti da tale forma di affidamento, in tal modo esplicitando la finalizzazione dell’istituto al perseguimento di obiettivi di carattere latamente sociale, percepibili al di fuori della dimensione meramente organizzativa dell’Amministrazione.

In particolare, con specifico riferimento alla prospettiva economica, si richiede all’amministrazione di valutare la convenienza dell’affidamento del servizio secondo lo schema dell’in house rispetto all’alternativa costituita dal ricorso al mercato, attraverso una comparazione tra dati da svolgersi mettendo a confronto operatori privati operanti nel medesimo territorio, al fine di dimostrare che quello fornito dalla società in house è il più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza.
Importante sottolineare che nella disamina compiuta i giudici analizzano molteplici aspetti della disciplina dell’in house anche rispetto alla compatibilità della disposizione di cui all’articolo 192 c 2 del Codice dei Contratti con la normativa comunitaria, già sancita dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 100 del 27/5/2020.
Infine, i Giudici chiariscono che l’art. 192, c.2, richiede la prova della ragionevolezza economica della scelta compiuta e non può essere diversamente interpretata. Non può quindi essere travisata nel richiamare la dimostrazione del fallimento del mercato tale da rendere inevitabile il ricorso all’affidamento diretto, in quanto, in quest’ultimo la norma sarebbe sostanzialmente riproduttiva della previsione di cui all’art. 23-bis del dlgs. 112/2008 e si rivelerebbe antitetica alla volontà popolare espressa con il referendum del 12 e 13 giugno 2011.