• Novembre 2, 2020
di Redazione Anci

Innovazione

5G: con le frequenze locali una risorsa comune per l’innovazione e il governo del territorio

Le aziende, le attività commerciali, gli agricoltori, lo stesso comune e anche i singoli cittadini saranno in grado di realizzare reti-servizio 5G dedicate alla gestione delle proprie colture, delle proprie fabbriche, dei servizi che rendono il comune una smart-city e delle proprie abitazioni. Il contributo di Antonio Sassano, presidente Fondazione Ugo Bordoni
5G: con le frequenze locali una risorsa comune per l’innovazione e il governo del territorio

Le aziende, le attività commerciali, gli agricoltori, lo stesso comune e anche i singoli cittadini saranno in grado di realizzare reti-servizio 5G dedicate alla gestione delle proprie colture, delle proprie fabbriche, dei servizi che rendono il comune una smart-city e delle proprie abitazioni.

Di Antonio Sassano, Presidente della Fondazione Ugo Bordoni

Il principale cambiamento indotto dallo sviluppo delle reti di quinta generazione sarà quello della “materializzazione” di Internet. Finora il racconto del web si è incentrato sul suo aspetto immateriale, sulla possibilità di scambare “bit” invece che oggetti e di “dematerializzare” qualsiasi interazione umana. L’arrivo del 5G capovolge questo punto di vista. Internet si appresta a connettere miliardi di “oggetti” in quella che viene chiamata “Internet delle cose”. Dalle automobili a guida autonoma, all’agricoltura di precisione, alle fabbriche 4.0, agli apparati per il monitoraggio dell’ambiente e per la cura a distanza della salute dei cittadini. Tutti questi “oggetti” saranno tra loro connessi per realizzare reti “materiali” in grado di assicurarci servizi difficilmente realizzabili senza milioni di sensori e di micro-attuatori distribuiti nel territorio. Queste reti-servizio nasceranno “dal basso”, a partire dalle esigenze degli utenti e non “dall’alto” come parti delle reti degli operatori di telecomunicazioni che attualmente ci garantiscono la connessione ad Internet.

Avremo la rete dedicata al monitoraggio e all’ottimizzazione delle coltivazioni, le reti per il monitoraggio dell’aria e per l’ottimizzazione della circolazione del traffico. Tutte queste reti saranno connesse tra loro da una “spina dorsale” costituita dalle reti in fibra e wireless di nuova generazione ma ognuna di esse avrà bisogno di apparati dedicati e, se realizzata in modo “wireless”, di frequenze dedicate. Nessun ospedale vorrà affidare a terzi i suoi dati, nessuna casa automobilistica vorrà condividere su frequenze altrui i dati di funzionamento dei propri veicoli. Ma soprattutto nessuna piccola o media azienda o nessun agricoltore vorrà condividere le informazioni sui suoi metodi di produzione o di coltivazione.

Ma perché tutto questo è rilevante per il mondo dei comuni italiani? Il motivo va ricercato nella profonda mutazione che il 5G imporrà al rapporto tra il territorio e le grandi aziende di comunicazione. Finora siamo stati abituati ad un rapporto conflittuale, spesso avvelenato da informazioni infondate e dalla asimmetria degli interessi in campo. Da un lato le società di telecomunicazioni proprietarie su scala nazionale delle frequenze e obbligate dal bilancio ad utilizzarle nel modo più efficiente possibile. Dall’altro le amministrazioni locali, con la sensazione, sbagliata ma difficilmente modificabile, di non aver alcun interesse diretto nello sviluppo delle reti 5G. Amministrazioni prive degli strumenti tecnici e delle competenze necessarie per controbattere alle richieste degli operatori e sotto la crescente pressione della cittadinanza preoccupata per le supposte minacce alla salute portate dai campi elettromagnetici. Un rapporto conflittuale e asimmetrico dunque, che negli ultimi anni ha causato rallentamenti nello sviluppo delle reti e un contenzioso legale crescente.

Un conflitto analogo a quello che da lungo tempo esiste tra sostenitori di un uso intensivo del territorio e sostenitori di uno sviluppo naturale e armonico delle città. Un conflitto aspro anche questo ma che da tempo ha trovato nei piani regolatori il suo punto di equilibrio riconosciuto e rispettato (quasi sempre) dalla cittadinanza. Un equilibrio di questa qualità sembra difficile da realizzare con riferimento alle reti di comunicazione senza fili. Sono i grandi operatori nazionali a detenere i diritti d’uso delle frequenze e non le amministrazioni o i cittadini residenti. Solo una piccola porzione di spettro, il WiFi, affollato e non in grado di assicurare una connessione a banda larga è a disposizione di tutti, ma senza alcuna garanzia di qualità del servizio.

Era difficile, in una situazione come questa, trovare un punto di equilibrio. D’altra parte, fino ad ora, era naturale che lo spettro fosse gestito in modo ottimale a livello nazionale e che aziende e singoli cittadini dovessero ricevere un servizio grazie a frequenze di proprietà dei grandi operatori.

Il 5G e le reti-servizio cambiano in modo drastico questo scenario. Le aziende, le attività commerciali, gli agricoltori, lo stesso comune e anche i singoli cittadini saranno in grado di realizzare reti-servizio 5G dedicate alla gestione delle proprie colture, delle proprie fabbriche, dei servizi che rendono il comune una smart-city e delle proprie abitazioni. Reti-servizio in grado di “proteggere” i dati prodotti: sia quelli personali che quelli specifici generati dalle attività comunali e dai processi produttivi. Una ricchezza da non condividere con abilitatori esterni come finora avvenuto sul web immateriale dove abbiamo ceduto a Google, Amazon e Facebook informazioni sul nostro “privato” in cambio di servizi. Questo è un baratto impossibile per un comune o un’azienda che è specializzata in una produzione di qualità, dal cibo agli oggetti del “made in Italy”. Non possiamo mettere a disposizione gratuitamente i dati della nostra comunità o del nostro “saper fare” di secoli.

Il 5G abilita la creazione delle reti-servizio e genera una crescente esigenza di realizzarle con frequenze locali assegnate al comune, all’agricoltore, alla fabbrica o al grande magazzino locali. Come nel caso del consumo di territorio anche nel caso dello spettro, delle frequenze, si fa strada l’idea che una parte di questa risorsa possa essere dedicata ad un uso “locale” ed essere assegnato a coloro che hanno l’esigenza di realizzare servizi locali. Improvvisamente nasce nella popolazione e nelle amministrazioni l’idea che esista una ricchezza comunale, analoga al territorio. Una ricchezza da proteggere e valorizzare e dalla quale estrarre valore per il benessere delle comunità. Non tutte le frequenze ovviamente, ma una parte, da assegnare a coloro che le potranno meglio utilizzare per usi locali.

Questa presa di coscienza delle amministrazioni e dei cittadini cambierà presto e in modo radicale il rapporto tra frequenze e comuni e, di conseguenza, il rapporto con gli operatori di telecomunicazioni. Il rapporto non sarà più asimmetrico, tra una parte che detiene i diritti d’uso di una risorsa preziosa e vuole utilizzarli e un’altra che non ha nulla da perdere nel dichiararsi “5G-free”. Nello scenario 5G entrambe le parti avranno interesse a regolare l’uso della preziosa risorsa e a valorizzarla nel rispetto della salute dei cittadini ma anche con l’obiettivo di accrescere la loro ricchezza e il loro benessere. Nessuno lascerebbe incolti terreni fertili o abbandonate le risorse del sottosuolo se la loro coltivazione o il loro sfruttamento portasse ricchezza ai gestori ma anche alla cittadinanza. Il compito del sindaco non sarà più quello di difendere la popolazione da quella che viene percepita come un’aggressione estranea ma quello di regolare e valorizzare una risorsa comune.

Non si tratta di una fantasia ma di qualcosa che gli altri Paesi europei stanno già pianificando. La Germania ha dedicato ad un uso locale 100MHz del prezioso spettro 5G della banda 3.5GHz. 100 Mhz di spettro adiacenti ai 300 Mhz di spettro venduti agli operatori di telecomunicazioni per miliardi di euro. Dunque, in un qualunque comune della Germania esistono frequenze della stessa qualità di quelle utilizzate per far funzionare le reti 5G nazionali e che sono state messe a disposizione di imprenditori, amministrazioni, università e centri di ricerca per realizzare reti-servizio locali. Si può chiedere l’uso di una certa frequenza per 10 anni in un’area di un chilometro quadrato pagandola soltanto 45.000 euro. Una risorsa che non esisteva e che improvvisamente è a disposizione del comune per avviare iniziative locali. Ad esempio, iniziative verdi e digitali in sintonia con il Recovery Plan in arrivo. L’Italia non si è ancora avviata su questa strada ma forse è proprio dal mondo delle Amministrazioni Locali che può arrivare la spinta decisiva.