• Dicembre 5, 2016
di anci_admin

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Toponomastica – QEL Sole24Ore, rischio pasticcio con nuovo archivio dei numeri civici. Decaro chiede a Istat ed Entrate confronto per rimediare

di Matteo Valerio   Circa 15mila numeri civici da modificare, con conseguente mole di lavo...

di Matteo Valerio
 

Circa 15mila numeri civici da modificare, con conseguente mole di lavoro anche per i servizi anagrafici dei Comuni, chiamati a cambiare i dati di tutti i cittadini coinvolti, costretti a loro volta a subire un ulteriore disagio. È portando l’esempio di quel che avverrebbe in una città medio-grande come Bologna che il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, ha scritto al suo omologo all’Istat Giorgio Alleva e al direttore generale dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi, chiedendo di «riattivare il confronto tecnico per assicurare le condizioni migliori per l’avvio a regime dell’Anncsu secondo modalità più sostenibili dai Comuni», alla luce della "preoccupazione" manifestata all’Anci da molte amministrazioni.
La vicenda
L’Anncsu altro non è che l’«Archivio nazionale dei numeri civici delle strade urbane», istituito nel 2012 per rispondere all’esigenza di creare un database unico, informatizzato e con dati omogenei, gestito da Agenzia delle Entrate e Istat, che lo dovrà utilizzare come unico archivio toponomastico di riferimento per il censimento permanente e la produzione di statistiche territoriali.
La questione è riemersa proprio in seguito a una nota "di chiarimenti" dell’Istituto nazionale di statistica, diffusa lo scorso 10 Ottobre, che avvertiva i Comuni: l’Anncsu non sarebbe predisposto per contenere numeri civici con esponenti numerici, quindi ogni Comune sarebbe obbligato ad adeguarsi e modificare le numerazioni, eliminando appunto gli esponenti numerici associati ai numeri civici (ovvero gli ulteriori numeri identificativi che in alcuni casi seguono il numero civico e ne sono separati da una barra, ndr). Ebbene questa disposizione, spiega Decaro, «contrasta con la situazione de facto di numerose realtà territoriali, e mette molti Comuni in difficoltà, a fronte di attribuzioni storiche di numeri civici con esponente numerico».
I rischi dell’operazione
L’attuale situazione e l’uso di esponenti numerici, fa del resto notare il presidente dell’ANCI, non costituisce una scelta arbitraria da parte dei Comuni, ma al contrario è stata resa possibile grazie agli «avalli rilasciati nel tempo da codesto Istituto» e alle «regole di standardizzazione ricevute dallo stesso Istituto con la circolare prot. n. 912/2014/P, la quale ha chiarito come il civico possa "contenere un’eventuale parte alfanumerica definita esponente"».
Chiedere ora ai Comuni di modificare le numerazioni civiche e i dati anagrafici dei cittadini coinvolti – in contrasto con le precedenti disposizioni – «richiederebbe risorse umane e strumentali che peserebbero in maniera rilevante su Comuni e cittadini, considerata anche la consistenza del fenomeno che in alcune città arriva a coinvolgere decine di migliaia di casi. Nel caso del solo Comune di Bologna – ed ecco l’esempio di Decaro – risulterebbero da modificare non meno di 15 mila civici».
Il riavvio del confronto tecnico sull’applicazione delle nuove norme, infine, viene richiesto anche alla luce di ulteriori osservazioni: «La piena operatività del Dpcm del 12 maggio 2016 relativo proprio all’Anncsu – ricorda Decaro – deve comprendere il completamento della decretazione attuativa. La norma prevede infatti l’adozione di una o più istruzioni tecniche oltre alla definizione, attraverso apposito provvedimento interdirigenziale, delle specifiche tecniche e delle modalità di accesso ai servizi erogati dall’Anncsu, passaggi su cui è previsto il parere dell’Anci».