- Gennaio 30, 2014
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Piccoli Comuni – L’intervento del sindaco di Bogliasco alla Ctme di Bruxelles
Il 23 gennaio scorso si è tenuto a Bruxelles un importante meeting organizzato dal CTME, la C...Il 23 gennaio scorso si è tenuto a Bruxelles un importante meeting organizzato dal CTME, la Confederazione dei Piccoli Comuni dell’Unione Europea, della quale l’ANCI è associazione cofondatrice.
Queste le principali linee di intervento sostenute nel confronto con alcuni membri del Parlamento Europeo dal rappresentante ANCI e Sindaco di Bogliasco, Luca Pastorino.
In vista delle elezioni europee di Maggio, è importante svolgere un momento di ascolto e di confronto in cui sia possibile evidenziare un punto di vista e delle priorità dei piccoli Comuni. La crisi dell’Unione Europea non è solo una crisi economica, ma una che mette in dubbio lo stesso progetto politico e ne mina la legittimazione. I piccoli Comuni d’Europa, che rappresentano una parte importante dei cittadini e dei territori degli Stati membri e di storia e identità locali, possono svolgere un ruolo importante e dare un contributo, non solo per impostare delle priorità politiche più efficaci e prossime alle reali esigenze della persone, ma anche per colmare quel vuoto, quella distanza tra Istituzioni dell’Unione ed Europei che si è andato via, via allargando sempre di più.
Una prima questione che si pone, anche partendo dall’esperienza dell’Italia, riguarda i fondi europei. Si tratta di risorse preziose, spesso la larga parte degli investimenti disponibili sul territorio in questa fase, in generale e a maggior ragione per i piccoli Comuni. Le Istituzioni dell’UE hanno individuato, per la prossima programmazione 2014-20, una serie di riforme al sistema dei fondi europei, per garantirne la maggiore efficacia rispetto agli obiettivi Europa 20-20 e facilitarne l’utilizzo. Sul piano europeo e quelli nazionali è ancora possibile intervenire ulteriormente, in particolare per semplificare l’accesso ai fondi o comunque introdurre forme di aiuto all’accesso rivolte ai piccoli Comuni, che non dispongono del personale e delle capacità per affrontare procedure amministrative troppo complicate e, perciò, sono spesso in difficoltà al momento di attivare i fondi. A questo scopo, degli strumenti possono essere introdotti a livello europeo o di singoli Stati membri dopo uno studio delle migliori prassi nazionali. Nel caso specifico italiano, i piccoli Comuni, a causa delle esigue dimensioni dei loro bilanci, sono spesso impediti nell’uso dei fondi anche dall’esistenza di un patto di stabilità interno irragionevole e ingestibile sotto il profilo tecnico. In sede europea dovrebbe essere avviata una riflessione sul senso di politiche di rigore finanziario talmente rigide da impedire, tra vincoli di bilancio e oneri amministrativi, lo stesso impiego di fondi concepiti per favorire la crescita e lo sviluppo.
Sempre con riguardo ai fondi, la concentrazione del loro impiego in macro-obiettivi definiti e coerenti con la strategia Europa 20-20 è essenziale per assicurarne la maggiore efficacia e combattere gli sprechi. È necessario, nelle fasi di programmazione e pubblicazione dei bandi, assicurare la massima coerenza della destinazione dei fondi rispetto agli obiettivi stabiliti. Questo significa che bisogna assicurare una programmazione e dei bandi che rispondano alle effettive necessità delle amministrazioni locali rispetto al perseguimento delle strategie di sviluppo sostenibile e crescita intelligente. Anche la giusta intenzione di programmare l’impiego dei fondi secondo priorità circoscritte può essere vanificata e non portare a una maggiore efficacia degli investimenti, se la programmazione e i bandi non saranno coerenti con le effettive necessità di governo del territorio; necessità sempre molto specifiche quando si parla di piccoli Comuni. In quest’ottica, segnalo l’importanza della cosiddetta “strategia nazionale per le aree interne”, ovvero una serie di progetti mirati alla ripresa e allo sviluppo di quei territori che, dal secondo dopoguerra, hanno subito gradualmente un processo di marginalizzazione segnato da calo di popolazione, offerta calante di servizi pubblici e privati e elevati costi sociali quali il dissesto idrogeologico e il degrado del patrimonio culturale e paesaggistico. Riguardo il criterio della distanza dai servizi essenziali, in Italia è stata costruita una mappa delle “Aree interne” che comprende il 61% del territorio nazionale, il 23% della popolazione e oltre 4000 comuni con una media di 3000 abitanti ciascuno. Dal 2014 e secondo progetti pilota (uno per Regione), è iniziata quindi lanciata in Italia la summenzionata “strategia nazionale per le Aree interne”, finanziata sia da fondi comunitari sia da risorse ordinarie di bilancio: i progetti che ne discendono sono articolati in due classi di azione finalizzati da un lato al miglioramento dei servizi per la salute, l’istruzione e la mobilità e dall’altro alla creazione di linee di sviluppo locale.
Nell’ambito della strategia europea di sviluppo e crescita, i piccoli Comuni possono giocare un ruolo importante per quando riguarda le produzioni tipiche. Qui, la ricchezza e la diversità delle storie e tradizioni locali sono fonte inesauribile di prodotti originali. L’Europa gioca un ruolo di primo piano nella protezione, promozione e commercio di questi prodotti. A riguardo, non ha sempre giovato una politica europea che ha messo i conflitto le produzioni di diverse aree dell’Unione. A maggior ragione in vista di un accordo di libero scambio con gli USA, che può essere una grande opportunità, è necessario fare il punto sulle politiche europee sui prodotti tipici e provvedere rapidamente a considerare quali interventi di riforma di rendano necessari per arrivare a un modello di protezione e promozione più efficace e che tenga insieme le produzioni da tutta l’Unione.
Infine, per valorizzare il ruolo dei piccoli Comuni e il loro contributo alla strategia comune di sviluppo sostenibile e crescita intelligente, anche l’Unione Europea deve porsi il problema di sostenere forme d’intercomunalità, in una strategia di governo del territorio che guarda a favorire la spontanea cooperazione tra piccoli Comuni nella gestione dei servizi a cittadini e imprese. Su questo campo si gioca una partita importante per valorizzare l’autonomia e l’identità dei piccoli Comuni e la loro capacità di fornire servizi sempre più efficaci e adeguati. Mentre agli Stati membri si pone il problema di favorire le forme d’intercomunalità nell’ambito di strategie uniformi e mediante regole flessibili, che favoriscano lo sviluppo delle collaborazioni a partire dai territori e non per imposizione dall’alto, l’UE può intervenire mediante incentivi ai progetti d’intercomunalità e sostegno e assistenza nella promozione delle migliori pratiche adottate nell’Unione. (com)