• Dicembre 10, 2013
di anci_admin

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Patrimonio immobiliare – Urban Land Institute, l’Italia si confronta con il modello inglese di sviluppo urbano sostenibile

Condividere con i propri soci l’esperienza manageriale che il Regno Unito sta vivendo sulla ...

Condividere con i propri soci l’esperienza manageriale che il Regno Unito sta vivendo sulla razionalizzazione del patrimonio pubblico, aprendosi anche al confronto con  le altre realtà europee. Con questo obiettivo l’Urban Land Institute (ULI), prestigiosa organizzazione non profit internazionale di ricerca e formazione sull’utilizzo del suolo e lo sviluppo urbano sostenibile, ha organizzato, il 2 e 3 dicembre scorsi a Londra,  una serie di iniziative cui ha partecipato anche la Fondazione Patrimonio Comune con la testimonianza dell’architetto Gloria Cerliani.
Dalla due giorni è emerso innanzitutto come la spending review e le rinnovate esigenze organizzative ed il supporto tecnologico abbiano sostanzialmente ridisegnato l’esigenza negli spazi lavorativi necessari. Per questi motivi sono stati ridefiniti gli standard minimi e si è dato vita ad  un gruppo di esperti per valutare come la dotazione immobiliare posseduta ed utilizzata dal governo inglese possa essere in linea con i nuovi standard.
Questo lavoro, avviato due anni fa, è adesso arrivato ad un punto cruciale: sono già stati individuati gli immobili da riqualificare seguendo non solo i nuovi modelli spaziali, ma anche gli standard di costo gestionale. Inoltre, il gruppo di lavoro ha identificato le nuove esigenze e soprattutto individuato gli immobili che non potranno più essere usati per scopi governativi. Ed è su questi ultimi, localizzati in tutto il Paese, che si sta avviando un programma di riutilizzo, che coinvolgerà dapprima le Università chiamate a disegnare gli scenari possibili da proporre poi ai rappresentanti dei territori.
A questo interessante dibattito, FPC ha portato la sua esperienza e la rappresentazione del caso italiano, soprattutto per quanto concerne il riutilizzo degli edifici di pregio storico-artistico e la diversità della nostra nazione nei confronti del Regno Unito riguardo la proprietà pubblica, che è prevalentemente in mano ai Comuni. Altrettanto importante è stata la possibilità di confrontarsi con un nuovo modello organizzativo che, pur avendo un’impostazione centralistica, segue una via di osservazione ed ascolto per la valorizzazione dei territori. Un obiettivo questo della valorizzazione dei patrimoni immobiliari, che FPC vuole, invece, conseguire puntando sia sul mondo accademico che su una partnership organica con investitori ed altri soggetti privati.
Guido Inzaghi, Socio dello Studio Dla Piper e presidente di ULI Italia, sottolinea come “vi sono molte differenze tra il modello inglese, dove la proprietà e la leva urbanistica per la valorizzazione degli immobili sono statali, da quello italiano dove lo Stato, federalismo demaniale a parte, è proprietario dei beni, mentre la leva immobiliare è in mano ai Comuni”.
Malgrado questa differenza di base, per Inzaghi “è molto importante il confronto con questo modello fortemente centralizzato, che presenta indubbi vantaggi per la semplificazione e snellimento del processo di valorizzazione immobiliare”.
Nello specifico, il presidente di ULI Italia trova molto “interessante l’idea anglosassone di coinvolgere al massimo le università nell’individuazione dei migliori percorsi di valorizzazione degli immobili non utilizzati a scopi governativi”. Mentre da parte sua l’Italia potrebbe far valere “l’esperienza finanziaria del sistema integrato dei fondi immobiliari. Una prerogativa tutta italiana che – sottolinea Inzaghi –  ha già dato buoni risultati nel settore del social housing e che presenta importanti orizzonti di sviluppo anche per la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico”. (gp)