- Marzo 25, 2016
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Odio in rete – QEL Sole24Ore, no hate speech: la ricerca e campagna di Cittalia e Arci
di Luca Pacini (*) Immediatezza e pervasività rendono la rete una grande cassa di riso...di Luca Pacini (*)
Immediatezza e pervasività rendono la rete una grande cassa di risonanza dei contenuti di odio. Solo nel 2014 l’Unar ha registrato 347 casi di espressioni razziste sui social, di cui 185 (oltre il 50%) su Facebook, le altre invece su Twitter e Youtube. A questi numeri vanno aggiunte anche altre 326 segnalazioni provenienti da link che rilanciano contenuti d’odio per un totale di quasi 700 episodi di intolleranza registrati.
Sulla base di queste considerazioni Cittalia, la Fondazione ricerche dell’Anci e Arci hanno presentato, nel corso della conferenza stampa che si è svolta a Roma il 21 marzo, la campagna di comunicazione del progetto Prism (Preventing, redressing and inhibiting hate speech in new media) «No all’odio, no all’intolleranza sul web» a partire dai risultati della ricerca «Discorsi d’odio e social media. Criticità, strategie e pratiche di intervento». L’indagine, condotta da Cittalia e Arci, fa il punto non solo sulla diffusione di commenti di odio sul web e sui social media, ma anche su come l’hate speech impatta nei contesti locali. In particolare la ricerca si articola in due sezioni, nella prima sono state condotte ventisette interviste a giovani migranti potenziali vittime di hate speech e a esperti del settore, mentre nella seconda è stata realizzata una mappatura delle pagine e dei profili di social media relativi a cinque gruppi, organizzazioni e partiti politici che si sono contraddistinti per l’attiva presenza sui social network, per la diffusione di contenuti e discorsi di incitamento all’odio e per l’ampia capacità di influenza in rete.
Le parole d’odio
Parole legate principalmente alla retorica populista sembra essere l’aspetto dominante dei discorsi di incitamento all’odio dei gruppi monitorati sul web, in particolare: «popolo», «sovranità», «italiani» e «immigrati» sono i termini che ricorrono più frequentemente rispetto a parole marcatamente d’odio (come ad esempio l’uso dell’hashtag #stopinvasione). Questo vuol dire che la strategia dell’hate speech sui social network e in generale sul web si manifesta soprattutto attraverso un approccio retorico e populista che trova nel dibattito pubblico maggiore accettabilità.
I social network, in particolare, secondo gli esperti intervistati, sono usati dai gruppi di estrema destra per commentare in modo strumentale eventi politici e di cronaca con l’intento di orientare il dibattito pubblico e di pubblicizzare proprie iniziative. In questa direzione Internet è diventato fondamentale nella strategia di indottrinamento dei gruppi di estrema destra, soprattutto per la possibilità di diffondere in modo più immediato e semplice contenuti e idee che raggiungono un vasto pubblico. La rete facilita anche la connessione tra i diversi gruppi di haters ed estremisti non solo a livello nazionale ma anche a livello internazionale favorendo la proliferazione di siti internet e di comunità virtuali.
Cosa si può fare contro l’hate speech
Non solo responsabilizzare gli operatori dell’informazione e i nuovi media a una corretta informazione è la strada da intraprendere per contrastare e limitare i reati di hate speech, ma è necessario soprattutto un cambio di passo culturale da parte di tutti gli attori del territorio (dai politici agli insegnanti, dai giornalisti ai semplici cittadini). Gli esperti intervistati nella ricerca sono concordi su un uso più «etico» e consapevole della rete coinvolgendo anche le scuole e i più giovani attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione senza dimenticare la necessità di rafforzare il quadro normativo di riferimento e lo strumento della sanzione penale che richiede altresì l’armonizzazione del diritto penale tra gli Stati europei. Il lavoro di ricerca si chiude con una serie di raccomandazioni e un manuale operativo per avviare un percorso di formazione nei contesti educativi con l’obiettivo di prevenire e contrastare l’hate speech online. Guarda e condivi il video della campagna di comunicazione del progetto Prism: «No all’odio, no all’intolleranza sul web».Scarica la ricerca «Discorsi d’odio e social media. Criticità, strategie e pratiche di intervento».
(*) Direttore di Cittalia, fondazione ricerche Anci