• Giugno 26, 2013
di anci_admin

Anci Rivista

N° 5/6 Maggio/Giugno 2013 – Elezione diretta

Un modello da seguire o ancora un laboratorio a cielo aperto? Sono passati ormai quasi venti anni da...

Un modello da seguire o ancora un laboratorio a cielo aperto? Sono passati ormai quasi venti anni dall’entrata in vigore della legge n.81 del 1993 che ha introdotto l’elezione diretta del sindaco.  Prima di questa riforma solo l’1% degli organi di governo locale riusciva a raggiungere la scadenza fisiologica della legislatura. Poi, nel 1993 la svolta, con l’elezione diretta del sindaco e del presidente di provincia. Ad essi è affidato il potere di nomina e revoca degli assessori (il cui ruolo è incompatibile con quello di consigliere), e la loro cessazione dal mandato, per dimissioni o in seguito a mozione di sfiducia consiliare, che comporta la conclusione anticipata della legislatura.
A queste trasformazioni si accompagna l’introduzione di un meccanismo elettorale maggioritario, nel senso che la coalizione di liste che sostiene il sindaco eletto ottiene il 60% dei seggi (con una eccezione nel caso di elezione al primo turno). In sintesi, il sindaco eletto direttamente dai cittadini, chiamato a svolgere una pluralità di funzioni, perchè è al contempo ufficiale del governo, vertice dell’amministrazione locale e capo di una maggioranza politica, diviene la figura centrale dell’amministrazione. E come tale si pone sia rispetto ai soggetti politici e al Consiglio comunale, sia nei confronti della città.
Secondo Tommaso Frosini, professore ordinario di Diritto Pubblico comparato all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, si tratta di “un punto di svolta nel sistema istituzionale italiano, che ha dato la possibilità all’elettore di scegliere i propri governanti direttamente. Questo ha avuto poi un effetto a cascata su tutti i livelli istituzionali, a partire dagli enti regionali, dove a uno a uno tutti gli statuti l’hanno prevista. Anche a livello nazionale, salvo qualche eccezione, gli schieramenti si sono sempre presentati spontaneamente con un candidato premier che li rappresentasse”.
Ma la riforma non ha avuto vita facile. Inizialmente fu osteggiata da una buona parte della politica del tempo: “Negli anni ’90 – spiega Vincenzo Tondi Delle Mura, professore ordinario di Diritto Costituzionale nell’Università del Salento – la politica spingeva per l’elezione diretta del Primo Ministro, una sorta di Sindaco d’Italia, mentre criticava il concetto di elezione diretta del sindaco in ambito locale. Nel 1993 ci fu comunque la riforma, che però ha dimostrato quanto la politica si sbagliasse: l’elezione diretta del sindaco ha funzionato”.
Secondo Tondi Delle Mura le amministrazioni locali erano il luogo migliore per sondare i risultati della riforma. “L’ambito locale è da sempre quello della sperimentazione amministrativa. Le amministrazioni locali, infatti, cercano di trovare delle vie d’uscita e delle risposte politiche alle problematiche che arrivano direttamente dai territori e questo avviene perché si intercettano le necessità dei cittadini. L’ente locale per la sua stessa natura avverte l’esigenza di trasformazione”.
Sulla stessa linea anche Tommaso Frosini: “La ritengo una maturazione democratica, con un’espansione del principio di sovranità popolare. Anche dal punto di vista della stabilità questa riforma ha avuto risvolti positivi: la sfiducia al sindaco oggi comporta lo scioglimento dell’intero consiglio comunale, un meccanismo che dissuade i consiglieri dall’utilizzare questo strumento con leggerezza. La riforma, inoltre, ha introdotto il principio di responsabilità per chi governa: noi sappiamo chi è responsabile della gestione del comune e, se ha deluso i cittadini, questi sarà punito alle urne nella tornata elettorale successiva. In questo modo il cittadino sa perfettamente a chi deve rinnovare ovvero negare la fiducia di un secondo mandato”.
Un punto, questo, di fondamentale importanza anche per Vincenzo Tondi Delle Mura. “L’introduzione del principio di sussidiarietà ha trasformato i concetti fondamentali dell’amministrazione pubblica: è importante il risultato dell’atto amministrativo. La riforma del modo di governo in ambito locale ha funzionato perché, oltre ad una modifica dell’impianto elettorale, c’è stata anche una modifica dei poteri di governo e dei rapporti tra gli organi locali. Per esportare questo modello a livello nazionale bisogna procedere con gli stessi cambiamenti a livello globale”.