- Marzo 31, 2017
Notizie
Libri – I “luoghi omertosi” della città secondo Franco Arminio
“Forse bisogna riconoscere che le città sono svanite…le città c’era...“Forse bisogna riconoscere che le città sono svanite…le città c’erano quando io me ne stavo al mio paese… la pelle della città pare sempre la stessa, ma dentro la pelle anche qui è tutto finito. Ci sono vite singole , muri, macchine, strade, ma non c’è quel qualcosa che annusi e ti dice tutto. I luoghi sono omertosi. Hanno smesso di parlarci”. Così scrive Franco Arminio, inventore della “paesologia” nel suo intervento compreso nella antologia Giovani leoni (Minimum Fax), sul tema della alfabetizzazione digitale degli anziani,12 racconti di alcuni dei nostri migliori autori, da Arminio a Bajani, da Leogrande a Scego, da Terranova a Soriga, etc. raccolti da Angelo Ferracuti e Marco Filoni pp.132, euro 16) .
A volte gli scrittori sanno percepire i mutamenti del paesaggio meglio degli scienziati e degli urbanisti. Arminio, che è irpino, qui passeggia per Napoli allo scopo di intervistare gli anziani – che di solito vivono più nel passato, sul futuro – e sulle nuove tecnologie (in realtà il libro prende spunto da un corso di alfabetizzazione digitale promosso dal Ministero delle Poste). Quello di Arminio è proprio il racconto, o meglio reportage, di apertura, e nelle sue pagine troviamo alcune osservazioni preziose e per così dire “dal basso” sulla città partenopea: “A Napoli la metro sembra una cosa nuova, le persone ancora viaggiano in superficie” O ancora: “Se non lo sai che sei a Scampia, penso che è un luogo come questo non produce molta emozione, è un luogo del disastro come tanti, è un disastro il centro storico di Napoli, sono un disastro i paesi. Forse si salvano solo le campagne, si salvano i boschi…” Qui si esprime la personalissima visione di Arminio, con le sue idiosincrasie, le sue insofferenze, ma anche con una ipersensibilità per il degrado dei luoghi. Alla fine Arminio conclude che l’unica “salvezza”, sia per chi vive in città che per chi vive in campagna, è “trovare il modo di ascoltare la vita di qualcuno”, mentre di solito “non domandiamo quasi niente a nessuno. Ci siamo rassegnati a una reciproca indifferenza, rotta da cerimonie finte, da abbracci che non durano”. E dunque “urge un corso per imparare a donarsi, per imparare la vita buona”. (flp)