- Marzo 9, 2018
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Libri – Avvistamenti, La nascita di una nazione testimoniata dall’arte
Non si tratta qui propriamente della nascita della nazione italiana, però dell’af...Non si tratta qui propriamente della nascita della nazione italiana, però dell’affermazione della modernità nel nostro paese, testimoniata dalle opere artistiche. Nei manuali di storia per i licei dovrebbe avere più spazio la storia dell’arte, proprio perché i linguaggi dell’arte rispecchiano un’epoca storica con straordinaria precisione. Ad esempio limitandoci al nostro passato recente, è difficile capire gli anni della ricostruzione (anni ’50), il boom successivo, e l’esplosione del ’68 prescindendo dai grandi movimenti artistici e dall’opera di Burri, Guttuso, Schifano, e anche dalle provocazioni di Manzoni. Ad esempio la rottura costituita dall’Arte Povera (che lavora con materiali poveri) sottolinea il carattere trasgressivo dei movimenti politici di quegli anni, anche al di là degli slogan e dei manifesti.
La mostra, curata da Luca Massimo Barbero , dal 16 marzo al 22 luglio, a Palazzo Strozzi – Nascita di una Nazione. Tra Guttuso, Fontana e Schifano – tiene conto di una riflessione del genere. E infatti si configura come un viaggio tra arte, politica e società nell’Italia tra gli anni Cinquanta e il periodo della contestazione del Sessantotto attraverso ottanta opere di artisti come Renato Guttuso, Lucio Fontana, Alberto Burri, Emilio Vedova, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Mario Schifano, Mario Merz e Michelangelo Pistoletto. L’esposizione, a vede per la prima volta riunite assieme opere emblematiche del fermento culturale italiano del secondo dopoguerra, momento di trasformazione profonda della società italiana fino alla fatidica data del 1968.
È in questo ventennio che prende forma una nuova idea di arte, proiettata nella contemporaneità attraverso una straordinaria vitalità di linguaggi, materie e forme. Un itinerario artistico, quello della mostra, che parte dalla diatriba tra Realismo e Astrazione, prosegue con il trionfo dell’Arte Informale per arrivare alle sperimentazioni su immagini, gesti e figure dell’Arte Pop in giustapposizione con le esperienze della pittura monocroma fino ai nuovi linguaggi dell’Arte Povera e dell’Arte Concettuale.
Si va da La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1951-55) di Renato Guttuso al décollage di Mimmo Rotella sul volto di Mussolini nell’opera L’ultimo Re dei Re (1961), un’anticipazione dello scontro politico generazionale che caratterizzerà la fine degli anni Sessanta Da Lucio Fontana con i suoi buchi e tagli -in mostra il lacerato metallo Concetto Spaziale, New York 10 (1962)- che apre alle successive indagini su juta, tela, plastica e legno bruciati proprie di Alberto Burri, alla monumentale Superficie Bianca (1968) estroflessa con i chiodi di Enrico Castellani, le composizioni con bende di Scarpitta e la serie Achrome (michette immerse nel caolino, tele cucite e polistirolo) di Piero Manzoni -presente in mostra anche con le sue più irriverenti opere, come la Merda d’artista (1961)- che ha inaugurato questa serie di manifestazioni di azzeramento del contesto che seguiranno negli anni ’60.P oi le opere di Boetti, Paolini, Pistoletto e Merz: l’impianto germinale dell’Arte Povera, un momento fondamentale per l’arte italiana. L’Italia capovolta (1968) di Luciano Fabbro domina la sala, trasforma e capovolge il concetto di Nazione (capovolgendo letteralmente il nord con il sud), ne sovverte il significato e porta all’attenzione il delicato tema della “questione meridionale”. La fine è lasciata ad un inquietante “cortocircuito”o dialogo segreto che si crea tra due opere: Mappa del mondo (1971-1972) di Boetti e Rovesciare i propri occhi (1970) di Penone. (flp)