• Ottobre 21, 2016
di anci_admin

Notizie

Libri – Avvistamenti, la città ha bisogno di simboli

La città non può rinunciare del tutto a una sua dimensione simbolica, non è sol...

La città non può rinunciare del tutto a una sua dimensione simbolica, non è solo un agglomerato di abitazioni e infrastrutture, non è solo funzionalità. Questa considerazione la troviamo in un bell’articolo dello scrittore e critico Alessandro Zaccuri all’interno della vivace rivista  bimestrale  “Vita e pensiero” n. 4, agosto 2016 (in libreria e su tablet), dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Ed è evidente come proprio questa dimensione simbolica sia esposta al rischio  e renda la città stessa più vulnerabile. Si pensi solo alle Twin Towers. Ma Zaccuri ci invita invece a riflettere sul fatto che   poi altri attentati sono avvenuti –  tra Londra, Parigi  e Bruxelles – in stazioni di metropolitana, supermercati,  teatri, locali pubblici, aereoporti, terre di nessuno (vedi stazione di Colonia), come se  in ultima istanza gli spazi meramente funzionali, i non-luoghi,  siano più facili “da sottomettere e pervertire”( si pensi agli stadi di calcio utilizzati dalle dittature latino-americane).
Recentemente sono usciti due romanzi americani, apparentemente apocalittici, Giorni di fuoco di Ryan Gattis e Città in fiamme di Garth Risk Halberg, che si soffermano su due eventi drammatici che riguardano due metropoli. Il primo racconta la rivolta  di sei giorni del 1992 a Los Angeles dopo l’assoluzione dei poliziotti responsabili dell’aggressione contro l’afroamericano Rodney King. Il secondo rievoca – anche con foto, disegni, etc. – il celebra blackout del luglio 1977 a New York, quando il quartiere del Bronx venne squassato dai saccheggi. Non si tratta, commenta Zaccuri, di una apologia della distruzione, ma di un discorso sulla irrinunciabile caratura simbolica dello spazio urbano. Il punto è anzi di contrapporre alla distruzione, o alla minaccia di distruzione (oggi Daesh), l’attaccamento ai luoghi, e perfino il culto delle rovine, che come ha scritto il poeta polacco Zbugniew Herbert  sono una traccia residuale,  un estremo baluardo simbolico: “Se perdiamo le rovine non ci resterà nulla”. (flp)