- Novembre 4, 2016
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Libri – Avvistamenti, La città è un luogo comune
Forse gli amministratori nel nostro paese dovrebbero contemplare più a lungo gli affreschi di...Forse gli amministratori nel nostro paese dovrebbero contemplare più a lungo gli affreschi di Lorenzetti a Siena – sul buon governo e il cattivo governo – piuttosto che leggersi Il Principe di Machiavelli. Questa deduzione si potrebbe ricavare dalla lectio magistralis del filosofo Remo Bodei a Fabriano, nel corso del festival “Luogo comune”, dedicato alle città.
Quattro sono le figure che esemplificano l’idea di città del mondo antico classico: appunto gli affreschi di Lorenzetti, poi una lastra quattrocentesca al palazzo comunale di Urbino, con i segmenti che misurano la distanza tra i pianeti e la lunghezza delle corde che formano le note della scala, poi l’immagine dantesca della città divisa, dilaniata dai municipalismi, dove il fiorino ha corrotto tutti i cittadini e li ha divisi in fazioni, infine il racconto di un cronista sulla pacificazione a Città del Messico, nel 1538, tra Carlo I e Francesco II, dove nella piazza della cattedrale i poveri indios, perlopiù glabri, dovevano indossare pellicce per fare la parte dei selvaggi. In tutte e quattro c’è una analogia tra il cosmo e la nostra esistenza civile, tra il cielo stellato e la politica (dove noi occidentali rappresentiamo comunque la civiltà), e l’idea di una città ideale, bene amministrata, come città ordinata. Con Machiavelli, sempre nel ‘500, si ruppe l’incantesimo: non si tratta più di rispecchiare sulla terra un ordine celeste, e anzi la politica diventa un’arte segreta, e il suo fine è esclusivamente di conquistare e mantenere il potere.
Certamente il Principe è un’opera complessa, che fonda la scienza politica nella modernità e che non può essere letta come un elogio del tiranno, però tende a giustificare l’assolutismo e infatti dopo, secondo Bodei, ci vorranno le guerre di religione per strappare la politica al gabinetto del Principe e per gettare le fondamenta della democrazia. La città, luogo di coesione ma anche di separazione, va riaffermata come “luogo comune”, dove ci si ritrova e ci si rispecchia. Tentando di ricostruire una relazione con quell’immagine umanistica di un cosmo ordinato. (flp)