- Agosto 31, 2018
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Libri – Avvistamenti, anniversari: il ‘68 per le nuove generazioni
Ci avviciniamo alla fine di un anno in cui sono stati organizzati innumerevoli eventi, mostre e conv...Ci avviciniamo alla fine di un anno in cui sono stati organizzati innumerevoli eventi, mostre e convegni intorno al movimento del ’68, giusto mezzo secolo fa. E sono pure usciti tantissimi libri: saggi, romanzi, memoir, autobiografie, rievocazioni, etc. soprattutto dei protagonisti di allora. In alcuni di essi circola una nostalgia da reduci, in altri si oscilla tra celebrazione acritica (il’68 solo come luminosa primavera dei popoli) e liquidazione sommaria (da lì comincerebbe una deriva violenta), entrambe parziali e fuorvianti. Indubitabilmente si è trattato di un anno di rottura, che ha modernizzato in modi a volte traumatici il nostro paese, e ovunque, nel mondo, ha portato una carica innovativa.
Ma assimilarlo solo a una modernizzazione del costume sarebbe riduttivo (Sartre disse che solo quell’anno riuscì a fare a meno della cravatta), anche se certo minò alle radici la vecchia mentalità repressiva, le gerarchie polverose, le relazioni di potere entro le istituzioni. Da una parte emancipò la società intera, rendendo tutti più consapevoli dei propri diritti (la vittoria al referendum sul divorzio nasce da lì, così come lo Statuto dei lavoratori) , dall’altra si affidò a una idea fideistica, quasi magica di Rivoluzione (come soluzione istantanea di tutti i problemi) portò a una diffidenza pericolosa verso ogni autorità, anche se fondata razionalmente, e a una obliterazione dei doveri.
E’ difficile spiegare a un ventenne di oggi, di un’epoca cioè totalmente postideologica e disincantata, quello che realmente è stato la rivolta del ’68 (prima studentesca e l’anno successivo operaia). Forse bisognerebbe basarsi su alcuni dati obiettivi. Ad esempio, per limitarci all’Italia e alla questione della violenza: in quell’anno nel nostro paese non ci fu nessun morto politico e soprattutto neun delitto di mafia! Perché? Non si trovava nessuno tra i giovani di allora, convinti di avere davanti a sé non solo una prospettiva di lotta ma una prospettiva di vita, disposto a ammazzare per un pugno di soldi. Ecco, al di là della discussione, che deve restare aperta, su esiti positivi e negativi di quella stagione irripetibile, crediamo che un fatto del genere sia più eloquente di tanti bilanci storici. (flp)