• Gennaio 19, 2016
di anci_admin

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Danni da fauna selvatica – QEL Sole24Ore, nuove regole in arrivo con le misure “green economy”

di Laura Albani (*)              &...

di Laura Albani (*)
                                   
In via di pubblicazione le nuove «Disposizioni in materia ambientale» licenziate dalla Camera lo scorso 22 dicembre (AC 2093-B), che contengono importanti novità sulla gestione della fauna, con lo scopo di limitare i danni, purtroppo anche in termini di perdita di vite umane, che sempre con maggiore frequenza si registrano sul territorio non solo rurale e che assumono in alcuni casi i caratteri di vera e propria emergenza. Come evidenziato dall’Istituto per la protezione dell’ambiente (Ispra), le popolazioni di ungulati sono in aumento esponenziale e nel giro di pochi decenni si è più che quintuplicato il loro raggio di espansione territoriale, interessando interi settori geografici (ad esempio, l’arco alpino) ove il cinghiale mancava da molti decenni.
I divieti
È quindi l’articolo 7 del provvedimento di legge ad intervenire in questo ambito, prevedendo per il cinghiale, il divieto di immissione su tutto il territorio nazionale, fatta eccezione per le Aziende faunistico e Agrituristico venatorie se recintate. È stato introdotto inoltre il divieto di foraggiamento di cinghiali, a esclusione di quello finalizzato alle attività di controllo.
Per la violazione dei due divieti sono previste anche sanzioni penali di cui all’articolo 30 della legge n. 157/1992 – legge quadro sulla caccia – e delle leggi regionali, quali l’arresto da due a sei mesi, oltre a una ammenda da 516 a 2.065 euro. Le regioni avranno sei mesi di tempo, fermi restando i divieti, per adeguare i propri piani faunistico-venatori, individuando nel territorio le aree nelle quali, in relazione alla presenza o alla contiguità con aree naturali protette o con zone con produzioni agricole particolarmente vulnerabili, viene fatto ulteriore divieto di allevare e introdurre il cinghiale.
Le deroghe
Sono anche disciplinati i casi e le modalità con le quali è possibile derogare ai divieti di caccia stabiliti dalla normativa europea e nazionale, prevedendo che le regioni, in sede di rilascio delle autorizzazioni per il prelievo dello storno, possano consentire l’esercizio dell’attività di prelievo di altre specie, qualora esso sia praticato in prossimità di nuclei vegetazionali produttivi sparsi e sia finalizzato alla tutela della specificità delle coltivazioni regionali. Attualmente l’articolo 19-bis della legge n. 157/1992 prevede la possibilità di deroga al divieto di prelievo solamente nel caso non sia possibile individuare altre soluzioni soddisfacenti e in via eccezionale e solo per periodi limitati, acquisendo in via preventiva il parere dell’Ispra.
I piani alternativi
La norma incide quindi su alcuni elementi utili a contenere la proliferazione incontrollata di questo ungulato, per il quale è comunque ammessa la caccia in selezione. I cacciatori generalmente mirano a far sì che sia mantenuto elevato il numero di capi e le norme vigenti, di fatto, potrebbero già essere discretamente sufficienti a contenere il problema e prova ne è l’esperienza che la regione Toscana sta conducendo, con piani di intervento mirati e volti a gestire in maniera coerente tutta la filiera. Questo tipo di approccio sarà sempre più l’unica strada possibile, anche perché le nuove norme Ue in materia di aiuti di stato, non permetteranno più di risarcire i danni subiti dagli agricoltori, diminuiranno quindi gli strumenti di mitigazione del conflitto e sarà strada obbligata quella di pensare nuovi strumenti di "sistema" (piani di cattura, snellimento procedure sanitarie, certificazione di qualità per le carni, ecc. sul modello toscano).
I Comuni avranno un ruolo di maggior rilievo – e più responsabilità – e si renderà anche necessario procedere con una revisione dei compiti istituzionali, per via della riforma che ha visto l’abolizione delle province, enti preposti alle attività di controllo.
La gestione di alcune specie
In arrivo anche i necessari chiarimenti per la gestione di alcune specie "alloctone", in particolare per le nutrie, che in alcune aree del paese, quali il bacino Nord-Ovest padano e diverse zone fluviali, stavano determinando non pochi problemi anche di erosione degli argini fluviali. Saranno escluse anche le nutrie dal campo di applicazione dell’articolo 2 della legge n. 157/1992, che disciplina le specie oggetto di tutela, insieme a talpe, ratti, e topi, ricomprendendole fra le specie alloctone per le quali può essere prevista l’eradicazione o il controllo della popolazione attraverso interventi da realizzare secondo le modalità di cui all’articolo 19 della legge n. 157, ovvero secondo i piani di abbattimento disposti dalle regioni o dagli enti dalle stesse delegati.
Rispetto a queste specie alloctone, è in corso di revisione l’allegato al Regolamento comunitario sulle specie esotiche invasive (Regolamento Ue n. 1143/2014), in particolare l’elenco delle 37 specie incluse nelle disposizioni di legge, che impongono ai paesi dell’eurozona di approvare piani di gestione. A dicembre 2015 è stata approvata la nuova lista che a breve sarà licenziata dalla Commissione e che includerà anche nutrie e scoiattoli grigi, animali per i quali si dovrà procedere in ogni paese con piani di gestione/eradicazione nazionali e il ministero dell’Ambiente, con il supporto tecnico di Ispra, sarà l’autorità preposta ad attuare i piani nazionali.
 
(*) Responsabile Ufficio protezione civile politiche ambientali, porti e aeroporti Anci