- Luglio 22, 2013
Interviste
Comuni – Fassino al Corsera: “I Comuni non sono parassiti, governo inizi ad ascoltarci”
Certo che le tasse locali sono cresciute. Ma mai quanto i tagli del governo centrale. Negli ul... Certo che le tasse locali sono cresciute. Ma mai quanto i tagli del governo centrale. Negli ultimi 4 anni le risorse trasferite ai Comuni sono scese di 9 miliardi, le imposte municipali sono salite di 5,5 miliardi. Non abbiamo neanche compensato la riduzione dei trasferimenti» dice Piero Fassino. «Bisogna finirla con il dipingere i Comuni come enti parassitari e inutili. E non dimenticare mai – aggiunge il sindaco di Torino e neopresidente dell’Anci – che i Comuni erogano servizi essenziali ai cittadini. Le dico solo una cosa: in 15 anni si sono stabiliti regolarmente in Italia 4 milioni di stranieri, e sono stati integrati nelle città totalmente a spese dei Comuni, lo Stato non ha tirato fuori un euro. Bisognerebbe apprezzare, anzi, il fatto che nonostante i tagli selvaggi i servizi dei Comuni ancora funzionano.
E dunque magari qualche spreco c’era.
Ma non si può sempre vedere tutto come uno spreco! A Torino in due anni abbiamo razionalizzato le risorse, bloccato il turnover, ricontrattato forniture e salari, razionalizzato la spesa. In questi ultimi anni i Comuni hanno azzerato il loro deficit e dato un contributo netto al risanamento dei conti pubblici. Lo stesso sforzo non è stato chiesto all’amministrazione pubblica e agli apparati del governo centrale.
Ammetterà che se aumentano le tasse locali e pure quelle nazionali, qualcosa nel federalismo non va…
Questo non è federalismo. Siamo partiti e lo abbiamo lasciato a metà, poi ha prevalso il neocentralismo. Abbiamo decentrato il potere alle Regioni mantenendo la competenza concorrente dello Stato. Il governo centrale, poi, è cieco, sordo. Non ci ascolta, ci taglia i fondi e ci complica la gestione. Negli ultimi 18 mesi hanno emanato 16 decreti che impattano sulla nostra spesa, e noi ogni mese dobbiamo riscrivere il bilancio.
Luca Antonini, presidente della Commissione sul federalismo, dice che manca il coordinamento tra i vari livelli di governo.
Ha ragione: partendo dal basso, quello che possono fare i Comuni lo facciano loro. Ho chiesto al ministro Delrio un tavolo per ridiscutere il rapporto col governo. I cardini su cui si regge si sono lesionati, le decisioni ci piovono dall’alto. Invece vogliamo parlare dell’Imu, della politica fiscale, del patto di Stabilità che soffoca gli investimenti. Dobbiamo risolvere la questione delle competenze concorrenti partendo dal basso, dai Comuni. Oggi c’è una duplicazione di funzioni, una moltiplicazione di apparati e di costi. È un federalismo del tutto incompleto.
Oltre che costoso e poco trasparente. Non si sa mai di chi sia la responsabilità di un buco di bilancio, o solo di un autobus fermo. Detroit porta i libri in tribunale, Napoli e Reggio, in dissesto, tirano con un prestito a carico della fiscalità generale.
Vogliamo far fallire Napoli e vedere cosa succede? È molto più ragionevole prevedere un sostegno per accompagnare il risanamento e mettere fine ai debiti infiniti.
Resta il fatto che le norme sul fallimento politico previste dal federalismo non sono mai state applicate.
C’è il controllo della Corte dei conti e un sistema di sanzioni severo ed efficace. E a tutti i ministri che hanno presentato in Parlamento leggi finanziarie false, smentite dalle successive manovre correttive, chi ha chiesto il conto? Non assolvo gli amministratori irresponsabili, ma spesso i buchi non si creano in un solo anno, in una sola legislatura.
Anche le norme per evitare il cosiddetto scaricabarile sono saltate.
La relazione di fine mandato è uno strumento utile. Serve a fare chiarezza. Io non dormo la notte per i problemi della mia città, ma non ho paura della responsabilità. Noi sindaci siamo pronti ad accettarle tutte, e pure le sanzioni se servono, ma se abbiamo maggiore autonomia effettiva, se condividiamo le scelte politiche. Qui è tutto un susseguirsi di tagli, misure, prescrizioni, direttive. Tutta roba decisa senza mai tener conto dell’esperienza di un sindaco. Quale scelta è stata condivisa con noi? Nessuna.
Insomma: il governo impone, taglia, e voi siete gli spreconi dissennati da punire.
Assurdo. Noi ci mettiamo la faccia tutti i giorni, siamo la figura istituzionale a più diretto contatto con i cittadini, governiamo il 15% della spesa pubblica e facciamo i sacrifici più grandi di tutti. La faccia dei ministri e dei rappresentanti delle Regioni i cittadini non la vedono, chiedono il conto a noi. Poi siamo rappresentati come enti parassitari. In un momento in cui i cittadini guardano alla politica e alle istituzioni con crescente sfiducia i sindaci sono il vero punto di tenuta del sistema. Metterli in difficoltà significa segare l’albero della democrazia. (com/ef)