- Novembre 21, 2013
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Jfk – Un mito che rivive, un viaggio in Italia che ha lasciato il segno: “Da Roma a Dallas” racconta il perché
Come ha fatto il mito di John Fitzgerald Kennedy a tramandarsi, intatto e in tutto il mondo, dai gio...Come ha fatto il mito di John Fitzgerald Kennedy a tramandarsi, intatto e in tutto il mondo, dai giorni della guerra fredda e del Vietnam fino a oggi? E da dove deriva l’impronta di emotività che il trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti è riuscito a lasciare anche tra gli italiani? Nei giorni del cinquantesimo anniversario dell’assassinio di Jfk, una pubblicazione del Centro di documentazione e studi dei Comuni Italiani (Anci-Ifel) e dalla Fondazione Italia-Usa fornisce una risposta plastica e documentata a questi ed altri interrogativi.
‘’John Fitzgerald Kennedy e l’Italia – Da Roma a Dallas’’, un volume realizzato con la collaborazione di Seat Pagine Gialle Italia, ripercorre attraverso immagini e testimonianze il viaggio nel Bel Paese del Presidente Kennedy, nel luglio del 1963, a pochi mesi dalla sua morte. Evidenziando in modo particolare l’accoglienza che i Comuni e le comunità riservarono al massimo rappresentante degli Stati Uniti. E’ il segretario generale dell’Anci, Veronica Nicotra, a sottolineare proprio “l’importanza del viaggio di Kennedy in Italia e degli incontri con i sindaci e gli esponenti politici dell’epoca”.
E se ancora oggi quel ricordo è vivo tra gli italiani, “è perché Jfk ha rappresentato tutto ciò che di positivo apparteneva per noi agli Stati Uniti – afferma il segretario generale dell’Ifel, Pierciro Galeone – ovvero l’idea di gioventù, di un Paese idealista, capace di cambiare e innovare. Kennedy rappresentava l’idea della difesa della libertà e della democrazia, l’idea del diritto al futuro”. Galeone ricorda il legame che il Presidente dimostrò con l’Italia, parlando di quando all’allora sindaco di Roma Kennedy ricordò di “rappresentare più italiani di quanti ne contasse la Capitale”.
Ma il mito di Kennedy rivive anche grazie a chi allora c’era, come lo storico ex direttore dell’Ansa Sergio Lepri, e grazie alla passione di chi, attento studioso di storia contemporanea come il presidente della Fondazione Italia-Usa Lucio D’Ubaldo, ha fortemente voluto ricordare il valore della visita in Italia di Kennedy: “Quella visita lasciò un segno profondo nella nostra comunità – spiega D’Ubaldo – e lo dimostra lo straordinario tributo d’affetto che la città di Napoli riservò a Jfk, l’accoglienza di Roma e, non in minor misura, la reazione degli italiani alla notizia del suo assassinio: a Torino in quei giorni c’era il circo americano, e i torinesi andarono a incontrare gli artisti Usa per unirsi al loro dolore. A Trieste venne sospeso il consiglio comunale e a Catania, dove si trovava in visita Igor Stravinskij, il grande musicista donò ai cittadini una messa di requiem in suo onore”. Nasce anche da qui quella che D’Ubaldo chiama una “generalizzata e diffusa sensazione di partecipazione collettiva al cordoglio americano”, che si è trasformata in un dato di fatto: “Secondo una ricerca condotta dal professor Enzo Caffarelli – ricorda infatti D’Ubaldo – quello di John Fitzgerald Kennedy è l’odonimo straniero più utilizzato in Italia, ovvero il nome straniero in assoluto più diffuso con cui i Comuni italiani hanno voluto chiamare le loro vie e le loro piazze”.
D’altronde, ricorda ancora D’Ubaldo, “il rapporto di Jfk con l’Italia non è tenue, ne’ stretto nella camicia di forza della diplomazia internazionale. Kennedy, ad esempio, incontrò Fanfani e gli rivelo di aver letto il suo libro sull’origine del capitalismo, nel quale dimostrava che la teoria di Max Weber a riguardo era erronea: il capitalismo non nasceva in modo naturale all’interno delle culture calviniste o protestanti. Diceva anfani, ma piuttosto nell’Italia dello spirito francescano e del credito senza usura”.
E’ infine Sergio Lepri, coetaneo di Jfk, a riportare al purezza di quel mito, raccontando di “aver avuto il privilegio di godere di un’esperienza unica nella storia dell’umanità, gioendo e soffrendo insieme a milioni e milioni di uomini e donne di tutte la parti della Terra e inseguendo il sogno di un mondo senza guerra, personificato da un uomo sul quale si proiettavano le speranze e le attese di tutto il mondo: speranze di pace e attese di giustizia. Questo per me era Kennedy”. (mv)