• Marzo 7, 2013
di anci_admin

8 Marzo

Stefania Grenzi

di Francesca Romagnoli   L’integrazione passa anche attraverso la cultura e la formazi...
Stefania Grenzi

di Francesca Romagnoli
 
L’integrazione passa anche attraverso la cultura e la formazione. Basta andare a Nonantola, piccolo Comune in provincia di Modena, dove verso la fine degli anni ottanta l’amministrazione comunale aprì uno dei primi Centri per Stranieri con l’obiettivo di accogliere e assistere i migranti stranieri che arrivavano sul territorio.
“La filosofia che era alla base del Centro – ha spiegato la vice sindaca e assessora alle Pari opportunità, Stefania Grenzi – era di accogliere, sostenere, informare e indirizzare gli immigrati verso una maggiore conoscenza del territorio. Un approccio più culturale che assistenziale, che vedeva nel migrante una persona da aiutare, ma anche da conoscere, nuovo interlocutore della comunità che si stava allargando”.
Nel 2010, con l’aumento del fenomeno migratorio, il Centro si è trasformato in un Servizio Intercultura. Più tardi, dall’analisi del territorio e dalla consapevolezza che erano soprattutto le donne immigrate le figure più isolate e in difficoltà nel rapporto con il territorio, è stata istituita all’interno del Centro la Scuola delle Donne e dei Bambini, “una scuola di italiano fondata sul concetto di educazione attiva, che lavora con e attraverso la narrazione, in particolare la narrazione di sé in quanto donna, madre, figlia, sorella, moglie; è una scuola che raccoglie pensieri, emozioni, testimonianze, storie di donne e delle loro famiglie”.
Qual è l’esperienza di oggi? “Gli immigrati si avvicinano alla scuola spesso per bisogno: la nascita di un figlio o l’ingresso dei figli nel sistema dei servizi implica la necessità di rapportarsi in maniera più stretta con il territorio. La conoscenza della lingua italiana diventa strumento fondamentale per dialogare con insegnanti, educatori, pediatri. Senza alcun intento terapeutico, la scuola apre alle frequentanti nuovi orizzonti, abbatte barriere, crea relazioni, aiuta a compiere piccoli passi verso il sentirsi parte viva e attiva del luogo in cui si vive.
Poi – ha aggiunto Grenzi – la scuola è diventata luogo di affetti e relazioni, amicizie, conoscenza di sé e degli altri, e la lingua è diventata strumento di dialogo, di libertà, di identità della comunità, lingua non della burocrazia, ma dei sentimenti. La scuola – ha detto – aiuta in un fondamentale percorso di autonomia, di autoaffermazione, aiuta a rompere la solitudine: è un lavoro meticoloso quello degli insegnanti, che si riflette non solo sulle donne, ma anche sui loro rapporti familiari, sulle amicizie, in una trama di relazioni sottili che emerge con il passare del tempo. Con il venir meno delle barriere linguistiche, ci si scopre nella conoscenza degli altri, si confidano nostalgie, solitudini incolmabili di vite vissute tra le mura domestiche, ci si confronta, ci si fa aiutare, si condividono esperienze, ci si sente meno sole. Sono ideali di uguaglianza, di libertà e di emancipazione quelli che animano questa piccola scuola, perché – ha concluso la vicesindaca – un paese democratico, degno di questo nome, ha l’obbligo morale e culturale, di essere includente e accogliente”.