• Febbraio 8, 2021
di Redazione Anci

Edilizia e urbanistica

Il Consiglio di Stato su abusi edilizi, silenzio assenso e domanda di sanatoria  

Secondo i giudici, la presentazione della domanda di sanatoria di abusi edilizi non determina l’inefficacia del provvedimento di demolizione in quanto genera esclusivamente la sospensione dell’efficacia del predetto atto. Pertanto, nel caso di rigetto della istanza presentata dal soggetto interessato l’ordine di demolizione acquista nuovamente la sua integrale efficacia (sentenza n 666 del 22/1/2021)
Il Consiglio di Stato su abusi edilizi, silenzio assenso e domanda di sanatoria  

Con la sentenza n. 666 del 22/1/2021, il Consiglio di Stato interviene su questioni inerenti opere abusive, sanatoria e silenzio assenso. Nello specifico il caso riguarda la posa su fondazione a plinto di un palo poligonale autoportante per l’installazione di antenne e/o ripetitori. Secondo i giudici, la presentazione della domanda di sanatoria di abusi edilizi non determina l’inefficacia del provvedimento di demolizione in quanto genera esclusivamente la sospensione dell’efficacia del predetto atto. Pertanto, nel caso di rigetto della istanza presentata dal soggetto interessato l’ordine di demolizione acquista nuovamente la sua integrale efficacia. Nel merito i giudici analizzano il decreto legislativo n.259/2003 recante “Codice delle comunicazioni elettroniche” che all’articolo prevede che “le istanze di autorizzazione e le denunce di attività, nonché quelle relative alle modifiche delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego o un parere negativo da parte dell’organismo competente ad effettuare in controlli”, ma poi si esprimono sul silenzio assenso e sulla verifica della sanatoria secondo le norme edilizie.
Pur ritenendo che si tratta di una norma di una norma di carattere speciale che esclude l’applicazione della normativa di carattere generale di cui al DPR n. 380/2001 e che “assorbe in sé e sintetizza anche la valutazione edilizia che presiede al titolo” (cfr. Cons. St. n.1887/2018) i magistrati del Consiglio di Stato ritengono che la succitata normativa non risulta di fatto applicabile in quanto gli interventi oggetto della richiesta in variante sono stati eseguiti prima del termine dei 90 giorni. Anche se è decorso il silenzio assenso secondo i giudici “In nessun caso un permesso di costruire può retroagire, legittimando opere già realizzate – dicono i giudici – Per conseguire questo effetto, come noto, occorre infatti ottenere un permesso in sanatoria (come in effetti è poi avvenuto nel caso di specie)”.
I Giudici pervengono a tele decisione esaminando il verbale del sopralluogo ed evidenziando che “ l’istanza per la variazione del permesso di costruire è stata presentata il 6 dicembre 2018, il sopralluogo è avvenuto nel febbraio 2019, ben prima del termine dei novanta giorni necessario al perfezionamento del titolo per silenzio-assenso” ed è stato accertato che le opere erano state eseguite in maniera difforme rispetto a quanto autorizzato prima con il permesso di costruire.
Le opere sono quindi abusive in quanto non assistite da alcun titolo nel momento in cui sono state realizzate, né lo speciale modello procedimentale di cui all’art. 87 cit. risulta idoneo a legittimarle.
Sul silenzio assenso i giudici ricordano che su un piano generale, la giurisprudenza ha chiarito che la formazione tacita del silenzio assenso presuppone, quale condizione imprescindibile “non solo il decorso del tempo dalla presentazione della domanda senza che sia presa in esame e sia intervenuta risposta dall’Amministrazione, ma la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge, ossia degli elementi costitutivi della fattispecie di cui si deduce l’avvenuto perfezionamento, con la conseguenza che il silenzio assenso non si forma nel caso in cui la fattispecie rappresentata non sia conforme a quella normativamente prevista” (Cons. Stato, sez. VI, 21 gennaio 2020 n. 506).
I magistrati del Consiglio di Stato, infine, si occupano anche della conformità delle opere ritenendo “che l’accertamento di conformità, quale strumento attraverso cui si consente la sanatoria di opere realizzate in assenza di titolo edilizio, ma conformi alla normativa applicabile, richiede che gli interventi abusivi siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della istanza” (c.d. doppia conformità).
Se ci sono tutte le condizioni previste dalla legge, vale la sanatoria, in caso contrario il Comune deve specificare quale norma viene disattesa, Non può essere una scelta discrezionale. L’ordinanza di demolizione è legittima, ma resta sospesa in attesa che l’amministrazione comunale riformuli il giudizio sulla domanda di sanatoria. La stessa riprenderà efficacia in caso di rigetto della domanda di accertamento di conformità.